Alex
non si dà pace da quando è stato lasciato dalla fidanzata. L'incontro
con Niki, però, gli cambierà la vita. Peccato che lei sia più giovane
di lui di vent'anni, frequenti l'ultimo anno di liceo e viva ancora con
i genitori.
Federico Moccia sa come arrivare ai cuori delle sue
lettrici. Merito di una penna agile con la quale esplora il loro
universo regalando sogni che nella vita reale, probabilmente, non
vedranno avverarsi mai. Forte di uno zoccolo duro di fedelissime fan,
lo scrittore giovanilistico più produttivo d'Italia (c'è chi afferma
che scriva anche nei momenti più intimi della quotidianità casalinga)
decide di passare dietro la macchina da presa per dare vita ai
personaggi letterari di Scusa ma ti chiamo amore. Una mossa furba e
azzeccata, fosse anche solo per la scelta del protagonista maschile che
sa come far vibrare le corde emotive delle donne di tutte le età.
Se
a Scamarcio, nelle prime due trasposizioni dei suoi bestseller, era
toccato il ruolo del ragazzo ribelle da salvare, Raul Bova rappresenta
il sogno proibito di molte giovani: l'uomo adulto da sedurre.
Nell'offrire alle sue lettrici una nuova favola rosa Moccia prende
spunto dai suoi precedenti scritti (citandosi, nemmeno fosse Quentin
Tarantino) per inventarsi una città che è vera solo in parte. Questa è
la Roma rimasta orfana delle ragazze di "Non è la Rai", dei lucchetti
di Ponte Milvio sigillati da una promessa d'amore, dei «tre metri sopra
il cielo» scritti sui muri. È la Roma bene dei quartieri alti, di chi
fa jogging a Villa Borghese, vive in attici e superattici, pranza a
champagne e paga investigatori privati 1500 euro (solo di acconto). In
questa città fantastica, dove apparentemente nessuno lavora ma tutti
sono impaccati di soldi, gli adulti hanno relazioni noiose, tradiscono
le proprie mogli, lasciano i fidanzati cornuti. In un contesto così
avvilente non è strano che Moccia abbia deciso di volgere il suo
sguardo sulla condizione sentimentale delle ragazzine trovando la via
più facile per far rimare «cuore» e «amore». E di fatto l'amore del
titolo ricorre lungo tutto il film. Estrapolato dalla letteratura alta
(Neruda, de Musset, Shakespeare, de Balzac, persino Walt Whitman è
stato scomodato) è reso banale quanto i versi incartati nei
cioccolatini. Banale è la sceneggiatura, banale la regia, banale la
scelta della voce narrante - per quanto sia di Luca Ward, una delle
migliori voci del cinema doppiato.
Con Scusa ma ti chiamo amore
Federico Moccia si riconfermerà padrino di una generazione di
giovanissime che coroneranno i loro sogni (proibiti) almeno fino a
quando non si affacceranno sulla vita reale, quella che scorre fuori
dagli schermi e dalle pagine dei romanzi.
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