Un disco sulla memoria, perché la memoria è una delle più forti forme di resistenza che ci sono rimaste e perché la memoria passa anche per la canzone, veicolo leggero che può però portare su di sé parecchio peso.
Lo sa bene Francesco De Gregori, che con la sua musica ha sempre fatto memoria, se non storia: “la storia siamo noi” recitava una sua canzone, che oggi appare ingenua a confronto con lo spessore di questo disco.
“Il fischio del vapore” è il richiamo di quella coscienza con cui da anni la musica di De Gregori ha innescato un processo di reciproche sollecitazioni. Dalla copertina fortemente in rosso, all’idea di cantare con Giovanna Marini, alla scelta dei brani, ogni particolare è teso ad esternare le intenzioni di questo nuovo appello, che si fa più forte proprio perché queste canzoni sono già state.
Il tentativo (necessario) è quello di condividere e di recuperare un vissuto comune, una storia che può fare da fondamento in un periodo in cui tutto vacilla nell’assoluta precarietà.
“Il fischio del vapore” è un lavoro politico, che le canta a tutti, destra e sinistra, senza contestualizzarsi nella confusione del presente: questi brani riaprono la ferita dell’immigrazione, della pena di morte, del lavoro operaio, della condizione femminile, del terrorismo e dell’imperante qualunquismo politico. In questo modo il disco non può essere sbandierato né strumentalizzato: i rulli di tamburo di “Sento Il fischio del vapore” e di “Saluteremo il Signor Padrone” suonano come un’adunata, a raccogliersi attorno ai propri diritti e alla propria dignità, con un immaginario di metafore e di canzoni. È canzone popolare, canzone partigiana, canzone delle mondine, delle risaie, della campagna, canzone di protesta, insomma folk. Anche “L'abbigliamento di un fuochista”, ripescata dal repertorio di Francesco, assume maggior senso in questo contesto.
Il disco ha arrangiamenti prevalentemente acustici, dai toni contadini e popolari, e ci mette davanti la tradizione italiana in tutta la sua cantabilità più vera. Soprattutto la voce “storica” della Marini dà prova di come il canto possa essere strumento di liberazione e di coscienza, oltre che conduttore di arie da fischiettare nell’aria.
Impeccabile la chiusura corale di “O Venezia Che Sei La Più Bella” in versione bandistica, a ribadire ancora una volta l’italianità di questo disco, forse il più italiano di tutta l’opera di De Gregori.
Bisognerebbe riflettere sul successo che “Il fischio del vapore” sta avendo, al di fuori delle logiche commerciali e dai presunti gusti del pubblico odierno. Certo, non si può parlare di scelta coraggiosa da parte della [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link], vista la garanzia che offre il nome di De Gregori, ma questo album va comunque considerato un esempio, in campo discografico e non solo.
Se guardiamo indietro, già “Materiale resistente” o “Matrilineare” avevano indicato questa strada, frettolosamente dimenticata. Non però da un popolo, che in silenzio ciclicamente si risveglia e si riprende ciò che è suo.
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