Recensione tratta da Gamesurf.it
In principio fu il Super Famicom ed una moltitudine di giochi di ruolo
nacque nelle lande del sol levante. Nel 1996 ne apparve uno, targato
Enix, avente come protagonista il capitano Ronixis J. Kenni, uomo delle
stelle alle prese con un temibile allarme batteriologico in quel del
pianeta Stream. Quel titolo lasciò il segno, quel titolo era la genesi
di Star Ocean.
Poi fu il momento Playstation e con essa alcuni nomi caddero
nell'oblio, altri confermarono le belle speranze e ancora una volta,
fra le promesse mantenute, si ergevano le gesta di Rena e Claude,
vicissitudini di cui The Second Story serba felice memoria (un
scarsamente conosciuto sequel, Blue Sphere, apparve anche su Game Boy
Color). Ora, anno domini 2004, l'Europa accoglie festante l'ultimo
nato: Till the End of Time.
La voce “Item” ha nell'economia di Star Ocean un'importanza che
probabilmente nessun altro gioco di ruolo le ha mai dispensato. Già
“the Second Story” proponeva un esteso sistema di crafting fra i più
vari mai visti, ma questa volta i Tri-Ace hanno deciso di fare
decisamente di più. Giunti a Kirsla, infatti, sarà possibile dare luogo
ad una vera e propria attività mercantile per mezzo della gilda addetta
e dei mastri artigiani che troveremo sparsi in ogni dove. Investire ed
inventare (con tanto di valutazione del prodotto e suoi
pseudo-brevetti) non avrà nessun ruolo al fine della trama, ma tutto
ciò che rende positivamente varia un'esperienza ludica è motivo
d'encomio e questo ne è indubbiamente il caso (oltre al fatto del
guadagno in Fol, unità monetaria, che ne deriva). Parlando di oggetti,
vien da sé un appunto ed un consiglio: completare al 100%
l'esplorazione delle mappe garantisce preziosissimi regali (chi orecchi
per intendere, intenda).
Quattro secoli sono trascorsi da quando gli eroi sconfissero in un
epico duello i dodici saggi; in questo enorme lasso di tempo la
presunzione e le conoscenze dell'umanità hanno percorso la scalata
verso il dominio interstellare e la Federazione Galattica, dal canto
suo, ha oramai in pugno una grossa fetta del cosmo conosciuto.
Nella quotidianità di Hyda IV (paese dei balocchi della via lattea),
Fayt Leingod, suo padre Robert (eminente studioso della Symbology), sua
madre Ryoko e la bella Sophia Esteed non sanno ancora che la ruota del
fato sia già per loro in movimento. Un enigmatico attacco ad opera
dell'impero Aldina, infatti, detta tutto d'un tratto la travagliata
separazione della famiglia Leingod, mentre l'evacuazione d'emergenza
non va del tutto secondo i primigeni piani, giacché la scialuppa
astrale che ospitava Fayt gli fa compiere un imprevisto cambio di rotta
e lo separa, oltre che dai parenti rapiti (come egli scoprirà ben
presto), anche dalla beneamata amica Sophia.
Ed è così che il giovane eroe del gioco si ritrova su Vanguard III, un
pianeta arretrato rispetto alla sua realtà e paragonabile storicamente
al XVI secolo terrestre, un pianeta in cui (secondo il diritto
stellare) egli non deve assolutamente alterare l'equilibrio
socio-storico. Lo sbarco da imprevisto diverrà la prima tappa di un
epocale viaggio (tematica madre di qualsiasi avventura) che ben presto
lo renderà partecipe della conoscenza di nuovi compagni, sperduti
pianeti, panorami mozzafiato ed impensabili avvenimenti.
La presente versione in due DvD di Till the End of Time altro non è che
la “Directoy's Cut” apparsa in Giappone, vantante le aggiunte (rispetto
all'originale) di nuovi personaggi, minigiochi, dungeons e di incisi
narrativi.
L'attesa di vedere l'ultima fatica Tri-Ace (quarto tassello del mosaico
Star Ocean) in caratteri latini non è stata certamente lieve, ma
l'esito finale farà ben presto dimenticare a tutti gli appassionati
l'anno sidereo che ha distanziato l'uscita nipponica da quella
occidentale.
Ciò di cui il gruppo di sviluppo interno a Square Enix deve andare
maggiormente fiero è su tutto il fattore armonia che è riuscito ad
infondere alla sua creazione, dal momento che non una componente del
titolo è stata trattata con non curanza. Il lato prettamente ludico è
il primo a difendere questa affermazione offrendo come primo piatto un
sistema di combattimento frenetico ed all'insegna del real-time,
naturale evoluzione di quello offerto da The Second Story. Da
segnalare, nei confronti del predecessore, la presenza di due nuove
barre; quella della Fury (alla quale è legata la possibilità di
attaccare e che si ricarica stando fermi) e quella verticale, allocata
a destra dello schermo. Quest'ultima, una volta colmata, dà accesso ad
alcuni bonus come ad esempio il 300% in più di esperienza e Fol
guadagnati od un leggero effetto curativo ricevuto al fine dello
scontro. I nemici sono inoltre visibili sul campo di battaglia e
possono essere pertanto affrontati o evitati a proprio piacimento,
peculiarità che rende ancora più completo il Battle System e che ormai
vari alti esponenti del J-Rpg stanno col tempo adottando.
Le difficoltà di gioco selezionabili sono quattro (di cui solo due
accessibili si dall'inizio) ed il sopraccitato dinamismo delle
battaglie non preclude affatto una scelta strategica, giacché affidare
personalmente ai tasti le varie abilità, prendere in anticipo o
sferrare l'attacco in controtempo sono tutte solide basi di ogni
successo armato. Dietro a tutta l'azione sta anche un carattere
anticipatore e di riflessione, laddove sarà possibile spendere
determinanti punti (guadagnati ad ogni level up) come meglio si crede
ed al fine di incrementare Hp, Mp, Difesa ed Attacco.
Dei tre membri del party (dieci i personaggi giocabili), uno viene
gestito direttamente dal giocatore, gli altri due dalla CPU alla quale,
mediante le appropriate modifiche alla Tattica, possono essere
impartite alcune direttive sul grado di difesa ed offensiva adottato.
L'altra qualità che brilla di luce propria è l'esplorazione concessa,
decisamente sopra la media per un genere che sovente viene additato
come lineare e che qui invece offre locazioni varie, aperte e celanti
(come se non bastasse) labirinti e luoghi del tutto facoltativi da
visitare (facoltativi alla trama, non certo al divertimento che ne
deriva). La bellezza grafica profusa agli ambienti oltre ad essere una
gioia per gli occhi ed un incitamento al conoscerli, costituisce il
principale vanto dei grafici Tri-Ace, i quali hanno saputo plasmare
lande di fantasia credibili ed affascinanti che, spaziando da astronavi
a roccaforti medievali, sanno ben entusiasmare il
giocatore-viaggiatore. Gli stessi borghi abitati (per il cui sistema
economico rimandiamo al box integrativo) eccellono alla vista; dalla
magnificenza di Airglyph (città-fortezza situata nelle nevi) alla
luminosità di Aquios, dalle dune di Mosel alla sorpresa dei nuovi
pianeti: la costanza qualitativa del background geo-politico (ed
artistico) di Till the End of Time è semplicemente da applausi.
All'interno dei villaggi e delle cittadine avranno luogo le celebri
Private Actions, tanto importanti per quanti conoscano la serie
stellare in questione. La loro metamorfosi rispetto al passato è andata
verso il meglio; adesso una volta entrati dentro qualsiasi mura i
nostri compagni si separeranno automaticamente e potranno renderci
partecipi di determinate cut-scene che oltre ad arricchire la
sceneggiatura determineranno nell'immediato il grado di affinità fra
compagni (da cui può dipendere, ad esempio, il fatto che ci curino ed
aiutino in battaglia) ed a lungo termine causeranno la scelta del
finale (il quale prevede una decina di varianti).
Il motore grafico non fa sentire troppo la sua età e solo nei modelli
tridimensionali dei personaggi (caratterizzati in pieno stile
nipponico) può essere considerato inferiore ai mostri sacri visivi
attuali; per il resto meraviglia e fluidità di gioco sono garantiti (né
mancheranno sontuosi FMV). La colonna sonora invece rispecchia
idealmente la varietà e la bellezza del titolo, offrendo alcune
composizioni direttamente remixate dal passato ed altre del tutto
nuove; tutto frutto di un finalmente geniale e poliedrico Motoi
Sakubara, che con Till the End of Time dà vita al suo indiscusso
capolavoro musicale.
Neppure il parlato inglese decisamente sotto tono, ed inferiore ad
esempio alla maestria recitativa di Final Fantasy X o Xenosaga, riesce
a sminuire la grandezza dei pentagrammi, benché il mancato pathos dei
dialoghi risulti come un di meno e sia, in fin dei conti, la causa del
mancato raggiungimento della perfezione acustica (chiaramente per
quanto concerne la sfera videoludica).
Eppure, mettersi a cercare dei difetti in un videogioco simile è, oltre
ad essere compito difficoltoso, mansione inutile, giacché quelli
presenti non minano assolutamente l'esperienza globale di un titolo che
ha le capacità e la voglia di stupire chiunque, amanti, misconoscenti e
detrattori del genere, un genere (al secolo il Japanese Rpg) che si
avvia sempre più felicemente verso un'evoluzione di cui Star Ocean
vuole essere ed è colonna portante.
Lingua Inglese(non esiste in ITA)
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