LA FORESTA DI SMERALDO di John Boorman
AUDIO / VIDEO 8,5
Titolo originale: THE EMERALD FOREST
Anno di produzione: 1985
Paese: Stati Uniti
Regia: John Boorman
Attori:
*Tetchie Agbayani (Caya)
*Charley Boorman (Tommy)
*Powers Boothe (Bill Markham)
*Estee Chandler (Heather Markham)
*Ariel Coelho (Padre Leduc)
*Eduardo Conde (Werner)
*Meg Foster (Jean Markham)
*Dira Paes (Kachiri)
*Rui Polonah (Wanadi)
*William Rodriguez (Tommy Piccolo)
*Yara Vaneav (Heather Piccola)
Genere: Avventura
Durata: 113 minuti
Recensione del film: La Foresta di smeraldo
Tratto
da una storia realmente accaduta, offre l'ennesima occasione a John
Boorman di lavorare su quell'immagine abissale di natura selvaggia e
insondabile che spesso si avverte nei suoi film. Sontuosamente decorato
di allucinazioni aeree e cristalline, di immagini che ritraggono
composizioni di indios nella penombra della foresta come ritratti
surreali e affascinanti, è interpretato dal figlio stesso di Boorman e
ambientato nella vera giungla amazzonica, nei pressi di Belem.
L'apologo ambientalista è un pò scolastico, le scene d'azione
inevitabili, ma quando ci sono di mezzo giungle e fiumi, l'occhio del
regista di [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link],
Excalibur e Beyond Rangoon, conosce suoi percorsi misteriosi e
intriganti. Dopo la fine del film, la reale messa in opera di una diga,
ha per sempre inondato migliaia di chilometri quadrati di giungla,
compresi quelli in cui il film è stato girato.
TRAMA
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Mentre
l'ingegnere americano Bill Markham visita con la famiglia il cantiere
aperto nel cuore della foresta amazzonica, in cui si sta costruendo una
gigantesca diga, una tribù indigena (sono quelli del "popolo
invisibile") gli rapisce il figlioletto Tommy. Passano invano dieci
anni (le ricerche non sono mai cessate) e finalmente Bill, addentratosi
nella foresta, ritrova miracolosamente il ragazzo, ormai diciottenne (e
che gli salva la vita, poiché Bill è stato aggredito e gravemente
ferito dagli indios di un'altra tribu'). Tommy ha sempre vissuto con i
suoi rapitori, che lo hanno affettuosamente adottato e che lo amano
molto. Ma colui che gli indios chiamano "Tomme" non torna a casa sua:
ormai è un guerriero, parla la lingua del "popolo invisibile" e con
questo vive benissimo, tanto più che si sposa con una graziosa
fanciulla. Da sempre, tuttavia, la tribù è perseguitata da quella del
"popolo feroce". Mentre Bill, curato a dovere, se ne torna al suo
cantiere, i rivali degli "invisibili" attaccano il villaggio,
momentaneamente sguarnito degli uomini, portandosi via le donne,
destinate ad un bordello, gestito da uomini bianchi al di là della
foresta, e ciò in cambio di armi automatiche e munizioni. Tommy allora
si reca dal padre, chiedendo il suo aiuto. Con due o tre uomini
chiamati al seguito, Bill si precipita insieme al figlio nel luogo
malfamato, fa una sparatoria e riesce a far scappare la moglie di Tommy
e le sue compagne. Gli "invisibili" sono ormai assai ridotti di numero,
il loro capo (che è il padre adottivo di Tommy) è caduto durante gli
scontri ed ora il giovanotto è il capo riconosciuto di una comunità di
autoctoni - una delle tante - che dighe ed autostrade sterminano e
respingono sempre più a monte nelle immense foreste dell'Amazzonia.
Lasciato per sempre il figlio, Bill Markham decide di far saltare la
diga ormai ultimata, causa ed origine di tanti lutti ed infelicità. Ma
la "grande pioggia" invocata dagli indigeni con riti propiziatori,
spazzerà via con la enorme barriera di cemento anche la violenza e la
intrusione della "civiltà" dei bianchi.
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Questo
film ci fa riflettere su due importanti aspetti: in primo luogo sul
conflitto fra la natura e la civiltà dei bianchi, cioè di come l’uomo
bianco, solo per guadagnare, abbattendo decine di chilometri di
foresta, provochi la decimazione di molte tribù indigene e un
pesantissimo danno ambientale a livello mondiale.
In seconda battuta
ci fa capire il forte squilibrio tra le civiltà, quella dei bianchi,
tanto avanzata tecnologicamente, quanto arretrata in cultura e ideali,
e quelle delle tribù indigene, basata su cose semplici quanto perfette.
Si
può vedere nel film come la civiltà degli indigeni venendo in contatto
con quella dei bianchi perda la fiducia in se stessa e prenda le parti
peggiori della civiltà moderna (come l’alcol) autodanneggiandosi. Ad
essi non rimane che la nostalgia per quel “paradiso perduto” che
avevano un tempo.
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