Ultimo
anno di liceo. Forks. Il giorno del suo diciottesimo compleanno Bella
entra in crisi, poiché mentre lei è destinata ad invecchiare, Edward,
l'innamorato vampiro, rimarrà per sempre un diciassettenne. Incapace di
proteggerla dal dolore, il ragazzo lascia la cittadina insieme alla
famiglia, chiedendole di non fare gesti sconsiderati e promettendole di
non tornare. Bella, però, scopre che sfidando la sorte può rivederlo,
anche solo per pochi secondi e, come se non bastasse, trova conforto
nell'amico Jakob, che è un licantropo e dunque un nemico naturale e
giurato dei vampiri.
New Moon, il secondo capitolo della saga di
Twilight, scosta le tende del sipario e la rivela per quel che
realmente è, ovvero una rappresentazione dell'amore romantico,
l'allestimento di una fiaba, dove Bella è l'eroina contesa e in
pericolo costante, Edward il principe vittima di un crudele incantesimo
e il "per sempre" è il finale scritto in partenza, non in uno ma in
multipli modi. Passando per il richiamo esplicito a “Romeo e Giulietta”
e approdando alla scenografia trionfale e al costume della sequenza
presso i Volturi, all'interno della “ricostruzione” per la festa di S.
Marco, Chris Weitz anziché abbigliarla di fatto spoglia la saga di
Twilight delle sue coperture (il college-movie, il “mistery") e ne
espone lo scheletro.
Resta l'idea di utilizzare la metafora del
mostro per parlare di quei sentimenti umani la cui intensità supera la
razionalità (l'utopia di un amore che possa proteggere dal male, per
esempio) ma non è cosa nuova e meno che mai espressa in modo nuovo. A
poco serve, dunque, ribaltare i ruoli e dipingere un Edward flemmatico
e sacrificale, conciato da Cristo morto (e quanti riferimenti a inferno
e paradiso…), e una Bella assetata di adrenalina che si cimenta a più
riprese nella morte per finta, quasi fossero le prove generali (di
nuovo: lo spettacolo) della trasformazione che le toglierà (forse) la
vita ma le negherà ugualmente la morte.
Non sono certo i dialoghi,
infine, a scongiurare la noia. Si ripetono in circolo (vizioso) i versi
universalmente noti del sentimento amoroso, senza ricerca alcuna del
particolare, dello scarto: Weitz si appoggia al lascito della Hardwicke
per quel che concerne l'impianto visivo generale, alla fantasy(a) della
Meyer per la sostanza del racconto, al puritanesimo che veglia
sull'intera operazione narrativa e produttiva; poi, là dove non ha
voce, stende un tappeto sonoro continuo e adotta un'estetica da
videoclip che, però, è ripiego, scorciatoia evidente.
I Volturi puniscono i vampiri che danno spettacolo di sé, ma era quello che chiedevamo di vedere e ci è stato negato.
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Ultima modifica di crisleon il Dom Nov 22, 2009 12:55 pm - modificato 1 volta.